Il vice presidente della Fitarco, Sante Spigarelli, racconta come e perchè è nata la collaborazione con Ferrari.
Il protocollo d’intesa tra il Coni e la Ferrari, ci ha visti coinvolti con entusiasmo nella prospettiva di fare ricerche avanzate per quanto riguarda la parte strettamente meccanica della nostra disciplina. La collaborazione è nata con degli obbiettivi molto ambiziosi, ma certamente all’altezza delle potenzialità dei soggetti coinvolti.
Prima di questa importante collaborazione, nell’ambito arcieristico un po’ tutti ci si doveva accontentare di quello che le varie case costruttrici ci “passavano” come informazioni tecniche inerenti il funzionamento di arco e frecce.
Nel progetto da parte della Fitarco sono stati coinvolti: il sottoscritto, il C.T. Luigi Vella, nonché atleti di spicco quali Marco Galiazzo e Mauro Nespoli. Il nostro primo compito è stato ampliare le conoscenze specifiche dei tecnici Ferrari sullo stato dell’arte dei materiali per il tiro con l’arco olimpico e sull’importanza che questo ha per la prestazione dell’atleta.
Il secondo compito è consistito nell’individuazione quegli obbiettivi di indagine e ricerca che avessero degli adeguati tempi, correlati agli impegni di medio termine (Olimpiadi di Londra) ed a più lungo termine, come per il prossimo quadriennio le Olimpiadi di Rio.
Nell’ambito degli incontri che si sono susseguiti con una certa frequenza, sono stati individuati moltissimi campi di indagine e ricerca, la realistica traduzione in dati pratici e concreti ottenibili in tempi adeguati, ci hanno portato alla scrematura dei tanti obbiettivi possibili, con la focalizzazione sui più importanti: frecce, corda, arco.
Tra le esigenze più immediate (Londra 2012) avevamo quella di poter selezionare le frecce, con il criterio più simile possibile a quello che usano in definitiva gli atleti: tirarle ripetutamente a 70 metri e scegliere quelle che si discostano di meno una dall’altra. Non stiamo parlando di messa a punto, ma di selezione delle frecce in relazione al loro essere una uguale all’altra, avendo valutato che il lavoro sulla messa a punto arco/freccia/arciere è possibile, ma è un obbiettivo più complesso che è proiettato avanti nel tempo.
Sino ad ora il metodo di selezione delle frecce è consistito nell’andare in Germania dalla Beiter e selezionare le aste con un metodo statico messo a punto da quella ditta, ma il metodo si è sempre dimostrato “insufficiente” in quanto poi alla verifica dell’utilizzo pratico, molte cose dovevano essere rivalutate.
La scelta del metodo è stata quella di utilizzare una “macchina” che tirasse realmente le frecce, con lo stesso arco dell’arciere che le usa, alla distanza reale di gara e che, come proiezione futura, avesse le potenzialità di poter testare dal “vivo” tutte le altre parti dell’attrezzatura (per le Olimpiadi di Rio 2016). Contestualmente sono state portate avanti ricerche ed analisi sulle varie aste esistenti in commercio e sull’aerodinamica delle penne e delle punte, nonché sui filati per le corde e sull’influenza della stabilizzazione.
Deciso di utilizzare una macchina tira frecce, Vella ed io abbiamo segnalato le macchine già esistenti al mondo ed in particolare quella già utilizzata dalla società Arcieri Castelli Romani, progettata dall’ing. Francesco Colandrea, valido arciere nonché presidente della stessa società. In una visita a Cassino con i responsabili Ferrari del progetto è stato possibile visionare e provare la “macchina”. Dopodiché, verificata la sua validità di base, se ne è deciso l’acquisto. La macchina fornita è stata realizzata nell’officina di Claudio Tramontozzi, valido arciere più volte campione italiano.
Successivamente, allo scopo di implementarne le funzioni per soddisfare le molteplici richieste che avevamo poste in premessa, i tecnici Ferrari hanno ritenuto necessario implementarne le funzioni, con tutte le modifiche necessarie, come evidente nelle foto.
Gli obbiettivi da raggiungere, oltre alla selezione delle frecce, sono quelli di valutare in modo quantificabile l’efficienza delle varie componenti dell’attrezzatura, inserendo in modo simulato e controllato i classici errori dell’arciere, che sono tutte le possibili variabili di torsione o modificazioni di punti di contatto sulla corda e sull’impugnatura. Semplificando, dovremmo arrivare a quantificare il differente scostamento che la stessa variazione di punto di pressione sull’impugnatura, o sulla presa della corda, o una diversa stabilizzazione, o una diversa messa a punto di uno dei componenti, determina sul punto di impatto della freccia.
Se riusciremo a raggiungere questo obbiettivo, potremo valutare quali sono i materiali che resistono meglio agli errori degli arcieri e quali le migliori combinazioni tra le varie componenti (arco, frecce, stabilizzazione, messa a punto ecc.) e, non ultimo - ma qui usciamo dai materiali ed entriamo nella tecnica - quali sono gli errori che penalizzano di più in termini di scostamento dal centro del punto di impatto di una freccia tirata con un determinato errore compiuto dall’arciere: in questa maniera forse potremo valutare più realisticamente cosa è fondamentale e cosa meno per la precisione di tiro.
La realizzazione di una “macchina” che sia in grado di fornire dati certi e quantificabili è un impegno che richiede notevoli capacità ed investimenti in quanto, in definitiva, si tratta di creare un robot in grado di ripetere all’infinito lo stesso errore per darci modo di quantificarlo e questa è la cosa più difficile nel tiro con l’arco. Se infatti avessimo un arciere in grado di farlo, basterebbe spostargli il mirino e sarebbero tutti 10…
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La macchina Ferrari all'aperto
Il vice presidente Sante Spigarelli con la macchina testa archi
Un particolare della macchina
La macchina Ferrari nel centro federale di Cantalupa
Il ct Gigi Vella osserva la macchina
Un altro particolare della macchiana testa archi e frecce